Terry Corcoran: la creazione dell’euro, tra gli altri sviluppi, ha
concentrato in misura crescente l’attenzione sulla questione dei
tassi di cambio fissi come alternativa ai tassi di cambio flessibili.[…]
Un orientamento mondiale verso i tassi di cambio fissi, comprese
le aree valutarie, sarebbe una buona idea o no?
MILTON FRIEDMAN: la discussione su questa questione impone
la sostituzione della dicotomia “fissi o flessibili” con una tricotomia:
1) tassi fissati irrevocabilmente o unificati (per esempio, tra
i membri dell’euro, Panama, il currency board dell’Argentina); 2)
fissati (ma aggiustabili) da una banca centrale nazionale (per
esempio, Bretton Woods, attualmente la Cina); 3) flessibili (per
esempio, USA, Canada, Regno Unito, Giappone, Unione Monetaria
Europea).
Ormai, sono in molti a sostenere che un orientamento, verso
regimi di tassi aggiustabili a livello mondiale, sarebbe una cattiva idea. Tutte le crisi valutarie sono sempre state associate a regimi
di tassi fissi aggiustabili. Questo è vero in particolare per le
recenti crisi del Messico e dell’Asia Orientale e, prima ancora, per
le crisi del mercato comune del 1992 e del 1993. Dal lato opposto,
nessun paese dotato di un sistema a tassi di cambio flessibili
ha mai registrato una crisi valutaria, pur esistendo la possibilità
di crisi interne, come è accaduto in Giappone.
Le ragioni che fanno dei tassi di cambio fissi aggiustabili una
bomba ad orologeria sono ben note. Una banca centrale che controlla
una valuta che va incontro a pressioni al ribasso non è costretta
a modificare la politica monetaria interna. Può attingere alle
riserve di valuta estera o prendere a prestito valuta estera per soddisfare
l’eccesso di domanda di valuta estera. Tuttavia, il ricorso a
questo strumento è limitato dalle disponibilità di riserve di valuta
estera e dalla capacità di indebitamento. Non è mai facile sapere se
un deficit ha natura transitoria e se sarà presto invertito o se dovrebbe
essere considerato come precursore di ulteriori deficit. C’è
sempre la tentazione di sperare per il meglio, ed evitare qualsivoglia
iniziativa che deprimerebbe l’economia nazionale. Una simile
politica potrebbe attenuare problemi minori e temporanei, ma consente
l’accumularsi dei problemi minori di natura non transitoria.
Quando questo accade, i piccoli aggiustamenti dei tassi di cambio
che avrebbero risolto il problema iniziale non saranno più sufficienti.
Sarà a quel punto necessario un cambiamento radicale. Inoltre, la
direzione del cambiamento è chiara ed evidente, e offre il destro ad
una scommessa pressoché sicura agli speculatori valutari, che svolgono
l’utile funzione di costringere la banca centrale ad accettare
l’inevitabile nel breve termine piuttosto che nel lungo termine.