La Golden Power è una norma da tempo presente all’interno del nostro ordinamento, e recentemente tornata alla ribalta come strumento “difensivo” che il governo vorrebbe adottare per poter difendere le aziende italiane quotate in Borsa dagli attacchi internazionali e, sostanzialmente, dal rischio che possano essere depredate da operatori stranieri.
Cerchiamo allora di comprendere più nel dettaglio cos’è e come funziona la Golden Power, e in che modo l’esecutivo intende esercitarla per poter tutelare gli interessi nazionali.
Cos’è la Golden Power
La Golden Power è un diritto di veto – già riconosciuto nel nostro ordinamento – che spetta al governo italiano nell’ipotesi di operazioni di acquisizione di quote azionari di aziende strategiche per l’economia nazionale.
La novità determinata dal recente intervento dell’esecutivo non è dunque legato all’esistenza “tecnica” di tale previsione, bensì alla possibilità di ampliare l’intervento della Golden Power a più settori. Mentre prima questa clausola era esercitabile solo per pochi settori, come quelli legati alla difesa, all’energia, ai trasporti e alle comunicazioni, oggi sarà possibile esercitare la Golden Power anche nei confronti di aziende che operano nei settori delle assicurazioni, del credito, della finanza, dell’acqua, della salute e della sicurezza informatica.
Come funziona la Golden Power
Come abbiamo già rammentato qualche riga fa, l’obiettivo della Golden Power è quello di fornire un pronto supporto a quelle aziende italiane operante nei settori meritevoli di tutela, che sono a rischio di “scalata ostile” dall’estero, intendendo per tale anche un operatore del mercato unico europeo. Nell’ipotesi di questi tentativi, infatti, il governo potrà esercitare i propri opponendosi alle operazioni speculative sulle società target, sia andando a negare il compimento della transazione, sia cercando di concordare delle condizioni che dovranno essere rispettate per poter formalizzare la transazione stessa.
Nel far ciò il governo ha ampio margine di manovra, ma dovrà pur sempre seguire il criterio dell’interesse generale. Pertanto, se l’acquirente dall’estero è un’impresa che con le sue azioni potrebbe generare un pregiudizio per la comunità, allora il governo potrà intervenire per bloccarla nel rispetto della normativa europea per la concorrenza.